Trascorro gli ultimi giorni leggendo "The walking dead" e studiando le leggi della termodinamica, concedendomi qualche break per un caffè, una sigaretta o un po' di sana tv spazzatura; anche quando esco per passare la serata in compagnia, spesso impiego un bel po' di tempo prima di sentirmi davvero a mio agio, e ricorro all'alcool per velocizzare il processo.
Non sono un alcolizzato, sono solo un figlio della mia epoca che cerca di analizzarsi al meglio delle sue facoltà, nei momenti di ottimismo come in quelli bui, per cercare risposte a domande che non ho mai saputo nemmeno ben porre.
Quando la nostra epoca sarà solo l'ennesimo capitolo dei libri di storia, ed il mio "io pensante" sarà bello che andato, qualcuno potrebbe trovare interessante analizzare i miei scritti - o magari no, davvero non saprei. Di fatto, al momento sono io a sentire la necessità di collezionare piccole ampolle di pensieri, dunque si comincia.
Italia, anno 2013.
Si fa un gran parlare di crisi (economica, morale, mondiale, e chi più ne ha più ne metta!), il che mi ricorda quando a scuola si studiano quei lunghi periodi di stasi che precedono avvenimenti epocali, ma non si è davvero in grado di cogliere l'umore delle persone, né tantomeno la loro individualità.
Il mondo sembra completamente impazzito, e non di rado capita di leggere o sentire le cronache dei suicidi, persone disperate che senza un lavoro non sanno come tirare avanti in una società che li identifica con il capitale di cui dispongono.
Le ultime elezioni hanno dimostrato che il cambiamento è possibile, ma il sogno è durato fin troppo poco, poiché la forza della disperazione non permette che un ultimo guizzo di fiamma (nulla di nuovo, sono sicuro che sarà già successo in mille luoghi ed occasioni, ma detestavo davvero troppo la storia per essere in grado di riportare qualche esempio).
Il problema -credo- è che non siamo in grado di immaginare un'organizzazione migliore, se non a toni sfumati quanto uno sfondo di Leonardo; ed anche chi fa delle proprie ipotesi certezza non può davvero essere in grado di prevedere le conseguenze a cui il più piccolo disagio può condurre, accrescendosi di anno in anno. Se devo essere onesto, trovo assolutamente stupido l'organizzazione in Stati che ci siamo dati; abbiamo i mezzi che potrebbero permettere a chiunque di vivere nella maniera che vuole e nel posto che ha sempre sognato, ma ognuno è troppo impegnato a racimolare per sè quanto più gli è possibile per preoccuparsi dell'altro. Ora capisco meglio il motivo che ha spinto storicamente il genere umano a credere che dopo la vita esista un posto migliore; non solo la speranza, ma il potere contenitivo di trattenere la violenta indole umana è stato effettivamente qualcosa di necessario per permettere al nostro genere di attraversare i secoli. Quando essa viene meno, possiamo decidere di percorrere tre vie: cedere alle leggi della società, o quanto meno giungere a compromessi con esse, magari cercando di cambiarle a passi più o meno lunghi; ascoltare la natura brutale e ricorrere ad ogni mezzo pur di vivere secondo gli standard di quello che ci viene proposto come ideale di ricchezza; imparare di nuovo a gioire delle piccole cose -una bella giornata, il cinguettio degli uccelli, i raggi caldi del sole sulla pelle- e lasciare alle nostre elucubrazioni il ruolo di piccole investigazioni nel mare dell'ignoto.
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