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It's hard to dance with a Devil on your back, so...

Immagine di Kyendo

Di una immaginaria passeggiata notturna verso il mare

D'un tratto, un'idea mi balenò in testa; avrei potuto continuare a camminare nella notte, superare il passaggio a livello e affrontare il buio, un passo dopo l'altro proprio lì, sul ciglio del canale maltenuto che la natura guerrigliera ha riconvertito a torrente, evadendo completamente l'attenzione dei passanti, per lo più bagnanti estivi a malapena disposti a rispettare la distanza di sicurezza.
Il freddo del metallo delle chiavi di casa mi riporta nel mio corpo; devo aspettare che Piè e Luca si assicurino che io abbia varcato il portone. Crediamo ciò che vogliamo credere, né più, né meno; prove e fatti servono solo ad alimentare l'autoinganno che ci riproponiamo istante dopo istante.
La strada non è nuova, questo è un peccato. Lo è anche il fatto di avere una meta; raggiungerla significherà terminare il mio viaggio, forse iniziarne un altro. Un paio di auto mi segnalano con un non so che di bullismo che l'asfalto è per chi ha le ruote; non sono lì, e questo mi evita l'affanno di doverle schivare.
Non solo; il mio fantasma non deve neanche preoccuparsi di essere troppo visibile, quando la luce dei radi lampioni potrebbe svelare la presenza a qualche disperato avventore, né di esserlo poco per qualche libidinoso autista sbronzo.
Giunto al bivio, seguo il senso indicato dai cartelli, tanto per avere una sicurezza in più; ho deciso di girare a sinistra sull'Aversana, ex mulattiera che qualcuno ha sperato di redimere con un nuovo battessimo e qualche rotatoria di troppo. Il familiare odore delle vacche mi ricorda cento giornate in fila sotto il sole, e cento ancora: respirare a pieni polmoni, fa bene, lo so nonna!
Supero l'incrocio e quando scorgo il campo incolto sulla sinistra so che ormai manca poco; all'incrocio scendo sulla destra e mi chiedo se non sarebbe stato meglio dirigermi verso il Mermaid, tanto per avere un paio di testimoni, così, per ogni evenienza. Sono come un estraneo in patria: le 2 di notte trasformano la mia città in un posto mai visitato prima, ma ho la certezza che la via prosegue diritta fino allo sbocco sul lungomare. La prostituta appoggiata al lampione che segnala il traguardo mi chiede se ho voglia di divertirmi. Le rispondo che non le conviene, che non ho soldi con me; non credo mi abbia creduto, perché biascica qualcosa su uno sconto giovani.
Controllo che non arrivi qualche discotecaro pauroso di non riuscire a spaccarsi i timpani alla modica cifra di 25 euro, ed attraverso. Finalmente sono sulla pista ciclabile: domenica prossima mi farà tutto un altro effetto, sarò disgustato dal degrado in cui riversa, ma ora, visto il numero di puttane che battono ai lati della strada, il numero di preservativi usati mi sembra quasi basso; forse la gente è più civile di quanto credessi.
Scavalco la recinzione metallica, per metà abbattuta, e finalmente sento le scarpe affondare il quel misto di polvere e ghiaia che i gestori dei lidi balneari continuano a spacciare per sabbia. E lo annuso, il mare, prima di poterlo davvero vedere; l'odore di salsedine si unisce al freddo nelle narici.
Chiudo gli occhi, per liberarmi di quel bagliore giallastro e tremulo, e tendo l'orecchio: è calmo, percepisco a malapena il brusio dell'acqua, irregolare e docile. Dal momento che non sento alcun altro rumore, a parte quello dei piloti di formula uno alle mie spalle, mi arrischio in qualche passo cieco, cercando a tentoni di evitare il legno marcio del retro delle cabine che delimitano il corridoio che porta alla spiaggia libera. Quando la porosità umida del legno lascia il posto alla trama sintetica di un telo, mi concedo di nuovo il lusso della vista. Un calamaio colmo di densissimo inchiostro, che qua e la si increspa incendiandosi in bisce pallide e luminose come la luna, che scorgo alzando gli occhi nel bagliore del cielo inquinato. Non una stella visibile, ma forse è colpa della miopia.
Di colpo mi assale la nostalgia della notte sarda, quando il buio soffocava persino il respiro degli amici, e le stelle vibravano di luce fredda, incastonate all'interno di quella sfera che non avrei potuto distinguere dall'acqua, poiché anche lì quella straordinaria magia naturale che è la bioluminescenza accendeva delle vere e proprie galassie.
Decido che non è il caso di bagnare i piedi, tanto più che non posso vedere chi o cosa galleggia a pelo. Passeggio di lido in lido, il più silenziosamente possibile, per evitare di disturbare gli amanti rifugiati in una barchetta o su un lettino, fino ai cubi di roccia, dove mi arrischio ad accettare la gentilezza di una vecchia ragazza intenta a fumare una sigaretta, e che mi offre un sorso della sua birra. Peroni, tanto per cambiare.

[pc scarico... continua?]
Nota:
il titolo originale era "Di un manichino"; se ricordi di cosa avresti voluto scrivere, provaci ancora Charlie Brown.
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Mi scuso per eventuali errori di battitura, distrazione, ignoranza.
Sono abbastanza puntiglioso, ma scrivendo di getto, capita che mi sfuggano diversi strafalcioni.
Quando (se) rileggo inorridisco per tutti quelli che incontrano il mio occhio; mi sembrano sassi spigolosi su quello che mi piacerebbe che fosse un sentiero erboso da percorrere a piedi nudi.

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